Può spiegarci cosa sono e come si svolgono i Bagni di Foresta e se c'è una differenza con la Terapia Forestale.
In Italia i Bagni di Foresta non sono ancora riconosciuti come cure primarie o complementari, come invece avviene in Oriente. L’intento di chi fa ricerca in questo settore è proprio quello di fare in modo che il nostro Sistema Sanitario Nazionale ne riconosca il valore terapeutico.
E’ importante distinguere, anche dal punto di vista terminologico, di cosa si tratta:
i Bagni di Foresta, così come proposti in origine, in Giappone, sono immersioni sensoriali e consapevoli nelle foreste, che hanno effetti benefici sul livello di stress e sul benessere psicofisico; il termine Terapia Forestale è stato coniato in Giappone quando, visti gli effetti dei Bagni di Foresta, si è cominciato a fare ricerca scientifica.
Quindi possiamo dire che la Terapia Forestale attiene a tutto l’ambito di ricerca e di cura attraverso l’immersione forestale consapevole. Mentre i Bagni di Foresta non prevedono necessariamente un protocollo, creando in Italia molta confusione, perché vengono proposti nei modi più svariati, la Terapia Forestale prevede un protocollo terapeutico, un obiettivo terapeutico e un terapeuta, così come in qualsiasi trattamento che nel nostro Paese definiamo “Terapia”.
Come gruppo di ricerca indipendente, la realtà della quale faccio parte utilizza uno specifico protocollo grazie al quale sono state stese già alcune pubblicazioni scientifiche.
Su questo protocollo, nella sua forma sperimentale, adatta a tutti, stiamo ancora facendo ricerca. L’intento è quello di essere certi che lo strumento che proponiamo sia sufficientemente robusto per poi svilupparlo e articolarlo meglio per le specifiche patologie.
Come si svolgono i Bagni di Foresta nella pratica?
I Bagni di Foresta dovrebbero essere svolti in una foresta, sembra scontato, ma non lo è, con una buona biodiversità e deve avere specifiche caratteristiche per essere un luogo adatto ad un percorso che sia terapeutico. Prima di tutto lontananza da luoghi di inquinamento (strade, fabbriche, centri abitati), dovrebbe godere di sentieri facilmente accessibili, con pendenze leggere, percorribili da tutti, una buona illuminazione naturale, poiché la vegetazione troppo fitta potrebbe essere ansiogena, meglio se in presenza di un corso d’acqua, il cui suono e la cui visione favoriscono il rilassamento.
Il nostro protocollo ha una durata di circa 3 ore, nella sua forma sperimentale è adatto a tutti: ha dimostrato di essere efficace per l’abbassamento del livello di ansia, stress e depressione e, in generale, per il miglioramento della sensazione autopercepita di benessere.
Si tratta di un percorso di immersione e connessione, un allenamento all’ascolto, attraverso i sensi, di sé e dell’ambiente circostante, in una progressione di esercizi meditativi, di respirazione, di consapevolezza, ispirati in parte alla mindfulness e ad altre tecniche terapeutiche e introdotti e accompagnati con un linguaggio metaforico e simbolico.
Questo doppio binario dialogico (analogico) e pratico ha dimostrato, in letteratura, di attivare entrambi gli emisferi cerebrali e nella nostra pratica sembra avere l’effetto di amplificare i benefici della semplice immersione portando l’attenzione ai 5 sensi, stimolando i partecipanti non solo a volte ad un rilascio emotivo liberatorio, ma anche all’intuizione e alla comprensione profonda di parti di sé o di specifiche situazioni.
La metafora utilizzata per favorire l’identificazione con gli elementi della Natura è uno strumento potente, che consente l’emergere delle proprie risorse, della propria capacità di resilienza di cui la Foresta è Maestra.
La foresta è un luogo esteso e antico: per essere definita tale deve avere almeno 80/100 anni di età perché ciò che si sviluppa nel sottosuolo, la rete di comunicazione e reciprocità delle piante, è tanto importante e forse ancora di più di ciò che vediamo in superficie. La qualità e quantità dei terpeni, i principi attivi degli oli essenziali che inaliamo quando ci immergiamo nella foresta, per fare un esempio, molto dipendono dallo stato di salute delle piante e degli alberi, che viene mantenuto dalle radici alla chioma anche grazie all’interazione con l’ambiente circostante. Si parla di “ecosistema” infatti, non a caso.
La riconnessione con la Natura, la nostra Madre Terra può aiutarci a prendere maggiore consapevolezza del noi e del nostro vissuto di sofferenza e lutto?
Potremmo spingerci un po’ e osare dire che in Natura la morte non esiste. O meglio, non esiste fine a sè stessa.
Tutto ciò che accade in Natura è funzionale alla Vita.
Se osserviamo un albero morto, per esempio, possiamo accorgerci che nel tempo diventa dimora, ospitando altra vita: muschi, piccoli insetti, microorganismi che lentamente favoriranno il riciclo del suo legno, che progressivamente sarà restituito alla terra, rendendola, proprio in quel punto più fertile.
Non è detto che quella porzione di terra produca un albero simile, magari non produrrà neppure un albero, ma qualcosa nascerà proprio in quel punto e proprio grazie a questa ciclicità.
Non esistono sprechi in Natura: le piante imparano dall’esperienza, si adattano costantemente e nell’adattarsi migliorano e aumentano le proprie capacità di sopravvivenza.
Non possiamo immaginare, come esseri umani, di vivere le esperienze di lutto, soprattutto quando traumatiche, con questa semplicità, vanno metabolizzate, elaborate, ma la Natura ci è Maestra e ci può insegnare che, anche quando i semi non germogliano così come ci saremmo aspettati, la Vita prende forma, magari in modo diverso, ma nessuna esperienza è sprecata o inutile, se le attribuiamo un significato.
L’esperienza, quando ha valore per noi, è sempre uno stimolo per la nostra evoluzione.
Dott.ssa Sara Nardini
Psicologa, Psicoterapeuta, Naturopata
“La tua esperienza tra gli alberi.”
Metodo Forestfulness®
www.forestandgo.com